
Il bue è stato per lunghissimo tempo «il compagno dell’uomo nel lavoro dei campi», come scrive Varrone, e altrettanto afferma Columella, che lo definisce «il più laborioso compagno dell’uomo». I buoi aggiogati hanno caratterizzato per secoli, con le loro doti di potenza e mansuetudine, l’attività agricola e con essa l’insieme della realtà rurale, dividendo l’esistenza quotidiana con i contadini che li “governavano”, li chiamavano con un nome proprio e li reputavano risorsa di grande valore, perché costituivano la indispensabile forza motrice del carro e di altri attrezzi.
I buoi da lavoro e i carri agricoli a cui erano associati sono ormai scomparsi e oggi è quasi impossibile vedere arare una pariglia aggiogata. E tuttavia questi animali sono ancora presenti nella nostra quotidianità; basti considerare le numerose espressioni linguistiche a cui hanno dato origine: “Prendere il toro per le corna”, “Mettere il carro davanti ai buoi”, “Chiudere la stalla quando i buoi sono scappati”, “Essere un popolo bue”, “Moglie e buoi dei paesi tuoi”.
Questo volume si compone di due parti: nella prima si rintracciano, a partire dagli elementi mitologici e rituali, gli aspetti caratterizzanti e identificativi della presenza dei bovini nella civiltà del Mediterraneo e poi in particolare dei buoi nel mondo contadino; nella seconda si ricostruisce l’evoluzione della trazione animale dalla preistoria al carro agricolo in uso fino al secolo scorso, che è quindi descritto nei dettagli costruttivi.
Di particolare interesse è la permanenza di conoscenze e pratiche relative al lavoro e al rapporto con i buoi, una cultura materiale che i contadini hanno tramandato per millenni pressoché intatta e che fino a circa cinquant’anni fa era ancora ben presente nel vissuto quotidiano.